ovena a San
Francesco d'Assisi
(Si recita dal 25 settembre al 3 ottobre)
+
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
1° GIORNO - 25 settembre
2° GIORNO - 26 settembre
3° GIORNO - 27 settembre
4° GIORNO - 28 settembre
5° GIORNO - 29 settembre
6° GIORNO - 30 settembre
7° GIORNO - 1 ottobre
8° GIORNO - 2 ottobre
9° GIORNO - 3 ottobre
(Transito di San Francesco)
25 Settembre - 1° giorno
Come San Francesco obbediva
prontamente alla volontà di Dio
L'umile servo di Gesù Cristo, San Francesco, poco tempo dopo la sua
conversione, quando già alcuni compagni si erano uniti a lui, era molto dubbioso
su ciò che doveva fare: se dedicarsi totalmente alla preghiera con una vita
contemplativa, oppure operare per la salvezza del prossimo predicando il
Vangelo. Desiderava ardentemente conoscere la volontà di Dio e, poiché la sua
grande umiltà non gli permetteva di fidarsi delle sue ispirazioni o della sua
preghiera, mandò frate Masseo da due anime sante: frate Silvestro e sorella
Chiara per chiedere loro di domandare al Signore, nella preghiera, quale fosse
la strada giusta che Gesù aveva tracciato per lui. Frate Silvestro era uomo di
grande santità e tutto ciò che chiedeva a Dio, l'otteneva. Per questo Francesco
si era rivolto a lui. Frate Silvestro si mise subito in preghiera e ben presto
ebbe la risposta. Anche Chiara e le sue compagne ebbero da Dio lo stesso
messaggio: "Iddio non t'à eletto per te solo, ma eziando per la salute di molti"
("Dio non ti ha colmato di favori per te solo, ma anche per la salvezza di
molti"). Quando frate Masseo ritornò, San Francesco lo ricevette con grandissima
carità, lavandogli i piedi e preparandogli da mangiare. Dopo che ebbero mangiato,
Francesco chiamò frate Masseo nel bosco e inginocchiatosi davanti a lui, si
tolse il cappuccio e stese le braccia come in croce dicendo: "Che cosa nostro
Signore Gesù Cristo ordina che io faccia?". Il fratello riferì al Santo la
medesima risposta di frate Silvestro e sorella Chiara. Appena Francesco seppe la
volontà di Gesù, si alzò dicendo: "Nel nome di Dio andiamo".
(tratto da "I fioretti di San Francesco")
Proposito
Chiediamo a Dio, con la preghiera, che ci illumini sulle scelte
della nostra vita e cerchiamo di imitare la prontezza e l'entusiasmo di
Francesco nell'adempiere alla Volontà di Dio.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
26 Settembre -
2° giorno
San Francesco e gli uccelli
Un giorno San Francesco camminava con alcuni frati nella pianura
di Assisi quando alzò gli occhi e vide moltissimi uccelli. Disse allora ai suoi
compagni: "Aspettate qui perché vado nel campo a predicare anche a loro".
Appena iniziò a parlare, gli uccelli si posarono sugli alberi e rimasero
fermi finché il Santo non li ebbe benedetti.
San Francesco parlò così: "Sorelle e fratelli miei, dovete essere molto
riconoscenti al vostro Creatore Iddio e dovete ringraziarlo in ogni luogo perché
vi ha donato l'aria e la libertà di volare dove vi piace. Dovete ringraziarlo
anche perché ha fatto entrare nell'arca di Noè una coppia di ogni specie perché
non vi estingueste. Oltre a questo, voi non seminate e non mietete, eppure Dio
vi nutre; Egli vi ha dato fonti per dissetarvi, i monti e le valli per
rifugiarvi, gli alberi per costruire i vostri nidi. Voi non sapete filare né
cucire, eppure Dio veste voi e i vostri figlioli. Il vostro Creatore vi ama
molto poiché vi dona tanti benefici, perciò state ben lontani dal peccato
dell'ingratitudine e pensate sempre a lodare Dio". A queste parole gli uccelli
cominciarono ad allungare i colli, aprire i becchi e le ali e con rispetto
chinare le testine in basso, poi con trilli e movimenti dimostravano che le
parole di San Francesco avevano dato loro molta gioia. Anche il Santo si
rallegrava con loro e si stupiva di un così gran numero di uccelli e delle loro
bellissime varietà. Egli gioiva nel vedere come accoglievano la sua parola e
come devotamente secondo i loro modi, pareva lodassero il Creatore. Francesco li
accarezzava e passava accanto a loro, sfiorava le testine e i corpi con la
tunica, ma essi non volavano via. Alla fine li benedisse con un segno di Croce e
diede loro il permesso di andarsene. Allora tutti gli uccelli, con meravigliosi
canti, si alzarono in volo separandosi in quattro schiere secondo la croce che
San Francesco aveva tracciato su di loro, e dirigendosi verso i quattro punti
cardinali. Essi dimostravano che la predicazione della croce di Cristo,
rinnovata da San Francesco, doveva essere portata con gioia da lui e dai suoi
frati, in tutte le parti del mondo.
(tratto da "I fioretti di San Francesco")
Proposito
Imitiamo san Francesco nel contemplare la creazione come lo
specchio del Creatore:
- ringraziamo Dio per il dono della creazione;
- cerchiamo di avere sempre rispetto per ogni creatura, perché espressione
dell'amore del Creatore;
- riconosciamo in ogni essere creato un nostro fratello.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
27 Settembre -
3° giorno
L'umiltà di San Francesco
San Francesco si trovava alla Porziuncola con frate Masseo, uomo
di grande santità e grazia nel parlare di Dio. Per questo il Santo lo amava
molto. Un giorno, mentre Francesco tornava dal bosco dove era stato a pregare,
frate Masseo, che voleva provare la sua umiltà, gli andò incontro dicendogli:
"Perché proprio a te? Perché tutto il mondo vien dietro di te e tutti vogliono
vederti, ascoltarti e ubbidirti? Tu non sei bello, non hai grande cultura, non
sei nobile. Perché, dunque, tutti ti seguono così?".
San Francesco a queste parole si rallegrò molto e guardando il cielo rimase
per molto tempo rapito in Dio. Quando ritornò in sé si inginocchiò lodando e
ringraziando il Signore, poi, molto infervorato, rispose a frate Masseo: "Vuoi
sapere perché il mondo segue proprio me? Vedi, gli occhi dell'Altissimo Iddio
che vedono in ogni luogo e in ogni cuore, hanno visto che non esiste peccatore
più vile, più misero di me sulla terra. Per questo, per attuare il suo grande
disegno, Dio ha scelto me, per confondere la nobiltà, la grandezza e la potenza
del mondo, affinché si sappia che ogni virtù e ogni bene non provengono dalle
creature ma dal Creatore e nessuno possa gloriarsi davanti a Dio (cfr 1 Cor
1,27-31). Solo a Lui ogni onore e gloria, nei secoli dei secoli".
Frate Masseo, davanti ad una risposta così umile, fu meravigliato e
spaventato nel comprendere la profondità dell'umiltà di Francesco.
(tratto da "I fioretti di San Francesco")
Proposito
Francesco, con la sua umiltà, ci esorta:
- a non esaltarci né di fronte agli uomini né di fronte a Dio;
- a dare onore e gloria a Dio per quanto Egli opera per nostro mezzo.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
28 Settembre -
4° giorno
L'Amore di Dio di San Francesco e Santa Chiara
Quando San Francesco era ad Assisi, visitava molte volte Santa Chiara
dandole santi consigli ed Ella aveva un grandissimo desiderio di pranzare una
volta con lui, ma il Santo mai aveva acconsentito.
Un giorno i frati dissero a Francesco: "Padre, a noi non sembra che questa
tua rigidità sia secondo la carità divina.
Potresti proprio accontentare le richieste di Chiara, sorella così santa e
tanto cara a Dio che ha abbandonato il mondo dopo aver ascoltato le tue parole".
San Francesco allora rispose: "Poiché vi sembra bene, allora chiederemo a
sorella Chiara di uscire da San Damiano, dove è rinchiusa da tanto tempo, per
venire a mangiare con noi davanti a Santa Maria degli Angeli dove le furono
tagliati i capelli e divenne sposa di Gesù Cristo".
Quando giunse il giorno stabilito, Santa Chiara, accompagnata da una sorella
e da alcuni frati, arrivò a Santa Maria degli Angeli. Il pranzo era molto povero
e apparecchiato per terra, come era solito fare il Santo. Quando furono pronte
le vivande, Francesco cominciò a parlare così soavemente di Dio, che scese su di
loro l'abbondanza della grazia divina e furono subito rapiti in Dio. Rimasero
fermi, con gli occhi al cielo e le mani alzate. Nel frattempo gli uomini di
Assisi guardando verso la pianura, videro come un grande fuoco sulla chiesa di
Santa Maria degli Angeli, sulla pianura intorno e sul bosco. Accorsero in fretta
per spegnere l'incendio, ma quando giunsero nel luogo, videro che nulla
bruciava. Trovarono San Francesco con Santa Chiara e tutti i loro compagni
rapiti in contemplazione di Dio, seduti intorno a quella povera mensa e
compresero che quello era il fuoco divino, non materiale, che Dio aveva fatto
apparire miracolosamente e che simboleggiava il fuoco del divino amore del quale
ardevano le anime di quei Santi, frati e monache. Gli uomini allora tornarono ad
Assisi con il cuore traboccante di gioia. Dopo molto tempo, quando Francesco,
Chiara e i loro compagni si risvegliarono dall'estasi, sentendosi ristorati dal
cibo spirituale, si preoccuparono ben poco di quello materiale, comunque
mangiarono insieme benedicendo il Signore!
(tratto da "I fioretti di San Francesco")
Proposito
San Francesco e Santa Chiara ci ricordano che:
- è necessario trovare il tempo per la preghiera, alimento spirituale della
nostra anima;
- la castità perfetta non c'impone di evitare le creature di sesso diverso
dal nostro, ma ci chiede di amarle solo di un amore che anticipa su questa terra
quell'amore che potremo esprimere pienamente in Cielo dove saremo «simili agli
angeli» (cfr Mc 12,25).
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
29 Settembre -
5° giorno
San Francesco e la Povertà
Nella I regola, San Francesco scrisse:
"La regola e la vita dei frati è questa, cioè vivere in obbedienza, in
castità e senza nulla di proprio, seguendo l'insegnamento e l'esempio del
Signore nostro Gesù Cristo, il quale dice: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi
quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e
seguimi» (Mt 19,21). I frati non si approprino di niente: né casa, né luogo, né
cosa alcuna".
Anche nell'ultima volontà che San Francesco scrisse a Santa Chiara si legge:
"Io piccolo frate Francesco voglio seguire la vita e la povertà dell'altissimo
Signore nostro Gesù Cristo e della sua Santissima Madre e perseverare in tal
vita sino alla fine. E prego voi, signore mie, e vi consiglio di vivere sempre
in codesta santissima vita e povertà".
San Francesco, per essere veramente povero, volle guardare con il sudore
della propria fronte il necessario solo strumento per guadagnare quanto
permetteva a lui ed ai suoi frati di avere abitazioni, vesti e mense povere.
Il Celano commenta: "Si fa da quel punto una tonaca ad immagine della croce,
per tenere lontane con essa tutte le illusioni del demonio; la fa ruvidissima,
per crocifiggere così la carne con tutti i suoi vizi e peccati, la fa infine
poverissima e rozza, tale che il mondo non possa punto invidiargliela".
Dopo che si fu spogliato di fronte al vescovo, gli venne offerto un povero
mantello che apparteneva ad un contadino.
Egli l'accettò con riconoscenza e vi impresse con la calce che aveva sotto
mano il segno della croce, formando così di quel mantello: "Copertura
conveniente ad un uomo crocifisso e ad un povero seminudo".
Nella II regola, Francesco scrisse:
"Quelli che hanno già promesso obbedienza, abbiano una sola tonaca con il
cappuccio ed un'altra senza, se la vorranno: quelli che sono costretti da
necessità, possono portare calzature. E tutti i frati usino vestiti vili che
possano rattopparsi con sacco ed altre pezze, con la benedizione di Dio".
La povertà di San Francesco e dei suoi primi compagni rifulgeva in modo
particolare nelle abitazioni. Dopo avere abbandonato la casa paterna, suo
rifugio fu una grotta presso Assisi, e poi non ebbe fissa dimora sino a quando
con i primi frati "si raccoglieva presso la città di Assisi in un luogo che si
chiama Rivotorto".
Francesco e i suoi frati vivevano in un tugurio abbandonato, nella più
completa indigenza, molto spesso privi anche del pane.
Quel luogo era così stretto che si poteva a mala pena stare seduti o
distesi, ma tra loro non si udiva mormorazione né lamento, anzi ognuno
conservava la sua serenità con "tranquillità di cuore e allegrezza di spirito".
Francesco sosteneva che "si sale prima in Cielo da un tugurio che da un
palazzo".
Ricercava sempre la santa semplicità e non permetteva che la strettezza del
luogo trattenesse le espansioni del cuore. Scriveva perciò il nome dei frati sui
travicelli del tugurio, affinché ognuno, volendo pregare o dormire, potesse
riconoscere il suo posto e l'angustia del luogo non turbasse il raccoglimento
dello spirito.
Proposito
San Francesco, il poverello di Assisi, con il suo distacco dalle cose di
questo mondo nell'imitazione di Cristo, ci ricorda che Gesù volle scegliere per
Sé e per sua Madre la povertà:
- è bene essere distaccati dalle cose della
terra per essere sempre più protesi verso la realtà del Cielo.
(cfr P.G. Montorsi, "Francesco di Assisi")
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
30 Settembre -
6° giorno
La Penitenza
Francesco era di costituzione gracile e debole già dalla giovinezza, eppure
sottopose il suo corpo a penitenze e ristrettezze rigidissime!
La sua penitenza iniziò con l'amore verso i lebbrosi. "Un giorno, cavalcando
presso Assisi, ne incontrò uno e, sebbene ne provasse non poca molestia e
orrore, pure balzò di cavallo e corse a baciarlo e il lebbroso tenendogli la
mano come per ricevere l'elemosina, ricevette insieme da lui il denaro e un
bacio. Ed egli, subito risalito a cavallo, volgendosi di qua e di là, era in un
campo aperto senza alcun ostacolo allo sguardo, non vide più il lebbroso. Onde
ripieno di meraviglia e di gioia, pochi giorni dopo vuole ripetere l'atto; si
reca alla dimora dei lebbrosi e ad ognuno distribuendo l'elemosina bacia la mano
e la bocca.
Così prende le cose amare invece delle dolci e si prepara virilmente ad
osservare gli altri comandamenti.
In seguito si recò tra i lebbrosi e rimase con loro, servendoli in tutte le
loro necessità per amore di Dio, lavando i loro corpi deformati e tergendo "la
materia delle piaghe".
Celano ci assicura che prima della conversione, Francesco inorridiva alla
vista dei lebbrosi e quando da lontano scorgeva i loro rifugi, si turava le
narici con le mani.
Per il riposo, Francesco non voleva materassi o coperte: egli si stendeva al
suolo sopra la sua tunica e spesso per dormire stava seduto appoggiandosi ad un
guanciale di legno o di pietra.
Riteneva molto utile la mortificazione della lingua e per questo scrisse:
"Beato quel religioso che non trova giubilo e letizia se non nei santissimi
ragionamenti e nelle opere di Dio e con questi conduce gli uomini ad amare Dio,
in gaudio e letizia. E guai al religioso che si diletta di parole inutili e vane
con queste spinge gli uomini al riso".
Nella vita di San Francesco appare soprattutto evidente la necessità di
mortificare la gola. Scrisse infatti a tutti i fedeli: "Dobbiamo anche
digiunare, ed evitare la sovrabbondanza di cibo e di bevande" e nella regola
determinò: "Digiuno dalla festa d'Ognissanti fino alla Natività del Signore.
Quanto alla santa Quaresima che incomincia dall'Epifania e dura quaranta
giorni di seguito e fu consacrata con santo digiuno dal Signore, quelli che
volontariamente vorranno osservarla siano benedetti dal Signore e quelli che non
vogliono vi siano costretti.
Ma l'altra che va fino alla Pasqua di Risurrezione, la passino in digiuno.
Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, salvo il venerdì. In tempo poi
di manifesta necessità, i frati non siano obbligati al digiuno corporale".
Francesco martoriava il suo corpo astenendosi dal cibo e dal bere.
Raramente nei periodi in cui era in buona salute, ammetteva i cibi cotti.
Quando li accettava, li mangiava dopo averli mescolati con la cenere oppure li
rendeva estremamente insipidi allungandoli con molta acqua.
Egli era molto severo con se stesso ma nello stesso tempo era indulgente con
gli altri e volle sempre le penitenze dei suoi frati non fossero esagerate
perché diceva che anche "fratello corpo ha le sue esigenze che debbono essere
soddisfatte affinché l'uomo possa impegnarsi nell'esercizio del dovere
quotidiano e vegliare nella preghiera".
(cfr P.G. Montorsi, "Francesco di Assisi")
Proposito
L'esempio di San Francesco deve farci riflettere sulla necessità
di mortificare i desideri del corpo affinché siano sempre subordinati alle
esigenze dello spirito.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
1 Ottobre - 7°
giorno
Come San Francesco seppe sopportare le avversità
Dopo la sua conversione San Francesco dovette superare gravi difficoltà, ma
seppe reagire «con molta fermezza nella tribolazioni» (2 Cor 6,4) e seppe
conservare la «gioia dello Spirito Santo» (1 Ts 1,6) nonostante le avversità.
Quando Francesco decise di vivere secondo il Vangelo, si trovò davanti la
violenta opposizione dei parenti. Il padre, considerando pazzia l'abbandono
delle cose del mondo per il servizio di Cristo, cominciò a perseguitarlo con
minacce e maledizioni. Il Santo, dopo aver pianto e pregato, ebbe luce e forza
da Dio, tanto che seppe affrontare con gioia anche gli improperi e le percosse
del padre e dei suoi persecutori. Anche il fratello lo derideva e umiliava con
battute velenose. Una mattina d'inverno in cui Francesco, coperto di poveri
panni e tremante per il freddo, era intento a pregare, il fratello disse ad un
amico: "Dì a Francesco che ti venda un soldo di sudore".
Il Santo lo udì e sorridendo rispose: "Oh, lo venderò sì, a caro prezzo al
mio Signore!".
Anche i suoi compagni di un tempo, vedendolo tanto cambiato e prostrato
dalla penitenza, lo insultavano e gli scagliavano addosso il fango e le pietre
della strada perché lo ritenevano pazzo. Francesco sopportava con gioia ogni
pena pensando alle sofferenze e alle incomprensioni sopportate da Gesù, il
Figlio di Dio.
Più tardi si vide combattuto da alcuni suoi frati che lo ostacolavano
pretendendo di modificare la regola. Egli voleva applicare letteralmente il
Santo Vangelo, ma i frati più letterati e sapienti pretendevano di mitigare i
punti più rigidi, quelli che richiedevano maggior penitenza e sacrifici per
l'imitazione integrale della vita di Gesù e fu così grande e forte la loro
opposizione che Francesco fu costretto a dimettersi dal governo dell'Ordine.
Egli superava con molta umiltà tali contrasti e diceva: "E' segno di grande
amore quando il Signore punisce bene il servo suo di tutti i suoi difetti in
questo mondo, acciò che non ne sia punito nell'altro. E io sono pronto a
sostenere allegramente ogni pena e ogni avversità che tu, o Dio, mi vuoi mandare
per i miei peccati".
Un giorno, parlando di chi si trova in difficoltà, aveva detto: "Sostenga
pazientemente la tribolazione per amore di Dio che la sostenne allo stesso modo
quando chiese di essere consolato ma non trovò sollievo. E portando questa
necessità pazientemente, gli sarà imputata da Dio in luogo di martirio".
(cfr P.G. Montorsi, "Francesco di Assisi")
Proposito
San Francesco riuscì a superare le difficoltà con umiltà e
letizia. Il suo esempio ci esorta:
- a saper accettare anche le opposizioni dei più vicini e dei più cari
quando Dio ci invita per una via che essi non condividono;
- ad accettare con umiltà i contrasti nell'ambiente in cui quotidianamente
viviamo, ma difendendo con fermezza quanto ci sembra utile per la gloria di Dio.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
2 Ottobre - 8°
giorno
Come San Francesco seppe soffrire sorridendo
Sono state numerose e dolorose le malattie sofferte da San Francesco, ma non
lo privavano mai della sua proverbiale letizia; soffrì infatti sorridendo e
ringraziando il Signore per le sofferenze; considerò anche le malattie
un'espressione della bontà di Dio e attese la morte cantando.
Aveva una grave malattia agli occhi ed il male sembrava progredire di giorno
in giorno per mancanza di cure. Stava per perdere la vista, ma rifiutava ogni
cura perché era sempre molto severo con il suo corpo. Quando frate Elia e il
Cardinale Ugolino riuscirono a convincerlo ad "usare con minori scrupoli qualche
riguardo per il suo male", la malattia era così grave che richiedeva grande
competenza da parte dei medici e "dolorosissimi mezzi di cura". Nella primavera
del 1225 la malattia agli occhi era tanto peggiorata che Francesco "non poteva
scorgere la luce del giorno né quella del fuoco durante la notte". Partì allora
per andare da un medico che tutti dicevano espertissimo nella cura di quel male.
Francesco portava una benda di lana e lino cucita al cappuccio, perché vedere la
luce gli causava fortissimi dolori.
Il medico pensò di curarlo con bruciature. Portò un ferro e lo fece
arroventare davanti al Santo, il quale cercò di darsi coraggio dicendo al fuoco:
"Frate fuoco, nobile e utile creatura tra le creature dell'Altissimo, usami
cortesia in quest'ora: un giorno io ti ho amato e ancora voglio amarti per amore
di quel Signore che ti creò. E prego il Creatore nostro che temperi il tuo
calore, perché io possa sopportarlo".
Terminata la preghiera, benedisse il fuoco. I frati presenti fuggirono
tutti, presi da pietà e dalla compassione. Quando il medico ebbe finito la
dolorosissima operazione, i frati rientrarono e San Francesco raccontò loro di
non aver sentito dolore alcuno e neppure il calore del fuoco. Anche il medico,
molto meravigliato, confermò che il Santo non si era neppure scomposto e disse:
"Fratelli, avrei temuto non solo di lui, debole e infermo, ma anche di un forte
e sano, che non avesse potuto sopportare una cottura così forte. Ne ho fatto
esperienza in altri".
Lasciamo il racconto ai suoi compagni: "La bruciatura fu ampia e si estese
da presso l'orecchio al sopracciglio dell'occhio per molto umore che giorno e
notte, da tanti anni, calava dagli occhi. In ragione di questo, a parere di quel
medico, giovava incidere tutte le vene dell'orecchio fino al sopracciglio; ma, a
parere di altri medici, tutto nel suo caso si opponeva all'operazione. E ciò si
dimostrò vero, perché essa non servì a niente. Così un altro medico gli forò le
due orecchie, senza portargli alcun vantaggio". Un medico gli consigliò di
astenersi da piangere se voleva evitare la cecità, ma il Santo rispose: "O
fratello medico, per amore della vista che abbiamo in comune con le mosche non
si deve respingere la vista della luce eterna". San Bonaventura ci spiega che
Francesco preferiva certamente perdere la vista del corpo piuttosto che,
comprimendo la devozione dello spirito, impedire le lacrime, attraverso le quali
l'occhio dell'anima viene purificato per poter contemplare Dio.
"Per quasi due anni ebbe a sostenere queste sofferenze con pazienza e
umiltà, di tutto rendendo grazie a Dio".
Quando San Francesco ricevette le stimmate, le sue sofferenze furono
notevolmente accentuate. "E benché quelle piaghe santissime, in quanto gli erano
impresse da Cristo, gli dessero al cuore grandissima allegrezza, niente di meno
alla carne sua e ai sentimenti corporali gli davano intollerabile dolore".
Per poter camminare e perché non si vedessero le ferite ai piedi, indossò
dei "calzerotti di lana" mettendo un pezzetto di pelle sulle ferite per evitare
il contatto con la lana ruvida.
Dopo aver ricevuto le stimmate scese da La Verna e come racconta San
Bonaventura: "Incominciò ad andare soggetto a qualche membro che non fosse
soggetto al grave dolore della passione e per varie, lunghe e continue malattie,
alla fine arrivò al punto che, consumate ormai le carni, non restava che la sola
pelle aderente alle ossa".
Francesco sopportava tutto con gioia giungendo a considerare le malattie
come sorelle. Infatti il Celano racconta: "Fu un vero miracolo che, così
affranto per le sofferenze in ogni parte del corpo, avesse ancora la forza di
resistere. Pure queste angosce non le chiamava pene, ma sorelle". Inoltre,
"sebbene stanco e con il corpo totalmente rovinato, mai fermò la sua corsa alla
perfezione, mai si rassegnò a mitigare il rigore della sua austerità"; "sebbene
malato d'occhi, di stomaco, di milza e di fegato, non voleva durante la salmodia
appoggiarsi al muro" e "sebbene infermo, voleva sempre ascoltare la Messa".
Una volta, sentendosi più esausto del solito per le gravi sofferenze, pregò
così: "Signore, pensaci tu a soccorrermi in mezzo a questi mali, perché io possa
sopportarli con pazienza".
(cfr P.G. Montorsi, "Francesco di Assisi")
Proposito
- Chiediamo a Francesco la sua gioia e serenità nelle malattie,
pensando che la sofferenza è un grande dono di Dio e va offerta al Padre pura,
senza essere rovinata dai nostri lamenti.
- Seguendo l'esempio di Francesco sopportiamo le malattie con pazienza,
senza far pesare il nostro dolore agli altri.
- Cerchiamo di ringraziare il Signore non solo quando ci dona la gioia ma
anche quando permette le malattie.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater, Ave,
Gloria
3 Ottobre - 9°
giorno
(Transito di San Francesco d'Assisi)
Come San Francesco accolse la morte
Il Celano racconta che la malattia di San Francesco si stava aggravando e il
corpo del Santo si indeboliva sempre più, tanto che non poteva più muoversi. Un
frate chiese a Francesco se preferisse la sofferenza lunga e continua di tale
grave infermità oppure il martirio, la morte violenta e atroce provocata dal
carnefice. Egli rispose: "O figlio, la cosa che mi è più cara, più dolce, più
gradita, è che si adempia in me e su di me la volontà del Signore Iddio. Io
voglio essere totalmente concorde e obbediente soltanto alla sua volontà. Ma se
dovessi guardare non al premio, ma solo al dolore fisico che provo è per me più
atroce di qualunque martirio tollerare questa malattia anche solo tre giorni".
Nel 20° anno della sua conversione, due anni dopo l'impressione delle
stimmate, "squadrato ormai da numerosi colpi di dolore e infermità,... come
pietra da collocare nella Gerusalemme celeste e come lavoro malleabile portato a
perfezione dal martello delle molteplici tribolazioni", San Francesco chiese di
essere portato a Santa Maria della Porziuncola per morire proprio nel luogo dove
aveva ricevuto lo Spirito della grazia di Dio.
Un giorno, ormai in fin di vita, quantunque fosse tutto abbattuto dal
perdurare della grave malattia, tuttavia, gettandosi a terra dal letto, sbatté
le deboli ossa per la sua caduta. Baciando poi la terra, disse: "Ti ringrazio,
Signore Dio, di tutte queste mie sofferenze e ti prego, o Signore, che me ne
mandi altre cento, se così ti piace: poiché questo mi sarà graditissimo;
colpendomi con il dolore tu mi risparmi; mentre l'adempimento della tua santa
volontà costituisce per me una grandissima consolazione". "Quel padre santissimo
reputava sempre cosa dolce ciò che sapeva di amaro al corpo ed attingeva di
continuo immensa dolcezza della umiltà e imitazione del Figlio di Dio". Per
questo "sorridendo contento, tollerava quanto era a tutti dolorosissimo e
penosissimo solo a vedere".
Quando San Francesco era colpito da sofferenze più forti, cantava o faceva
cantare dai suoi compagni "le lodi delle creature", il cantico di frate sole che
egli stesso aveva composto.
Quando seppe che la morte era imminente, nonostante soffrisse moltissimo
fisicamente, egli gioì e lodò il Signore con grande trasporto, poi disse a un
frate: "Se al mio Signore piace che io muoia tra breve, fa' venire a me frate
Angelo e frate Leone affinché mi cantino di sorella morte". Quando i due frati
furono davanti a lui, addolorati e piangenti, cantarono il cantico di frate sole
e Francesco aggiunse anche alcuni versi su "sorella morte".
"Laudato sì, mi' Signore,
per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente può scappare,
guai a quelli che morranno ne le peccata mortali,
beati quelli che troverà ne le sue santissime voluntati
che la morte secunda nol farà male".
(cfr P.G. Montorsi, "Francesco di Assisi")
Proposito
San Francesco, con il suo esempio di accettazione gioiosa di
"sorella morte", ci invita a vivere ogni istante della nostra vita terrena come
mezzo per conseguire la gioia eterna che sarà premio dei beati.
Giaculatoria
San Francesco, prega per noi.
Pater,
Ave,
Gloria
Da "Il Libro delle Novene", Editrice Ancilla,
C.P. 228, 31015 Conegliano TV
(mail:
ancilla@ancilla.it)